domenica 16 luglio 2023

Sweet summer child

Questo è quello che mi viene da dire all'Andrea dell'ultimo post. Dolce, dolce illuso che quella crisi fosse il fondo o vi fosse vicino. Di lì a pochi giorni saresti stato tradito da chi, incautamente, pensavi potesse essere un piccolo mattone su cui poggiarsi. Sarebbero seguiti mesi in cui chi ci ha capito qualcosa è bravo, e se è vero che ciò che non ti uccide ti fortifica, non sono sicuro un ulteriore trauma ti abbia energizzato poi così tanto.

E poi? E poi niente, ancor più svuotato di fiducia e voglia di esistere ti sei lasciato andare alla deriva, mese dopo mese, perché più di così non ce la facevi, o non volevi farcela perché troppe volte ti sei visto diverso dagli altri. Hai cercato l'escapismo in ogni sua forma, ma senza mai esagerare troppo, che sia mai che DAVVERO la mandi a troie invece di accumulare senso di colpa, compassione e ritrovarti ancora una volta come una persona che cade e nessuno capisce davvero perché.

L'escapismo nell'alcol, nel fumo, nell'autolesionismo, nello stakanovismo. Tutte le hai provate, spesso assieme, per sopportare un'esistenza in cui senti la partita sia finita e le pedine stiano essendo rimesse via nei loro scomparti. Certo, in mezzo i soliti, grandi e inutili passi avanti, ci sono stati. Ci eri mai andato a un concerto? No, ma alla fine che cambia. Ci eri mai andato a fare snowboard o pattinaggio su ghiaccio? No, ma alla fine che cambia. Avevi mai preso un fottuto aereo? Ne avevi paura tremenda? Hai sofferto come un cane? L'hai fatto comunque? Sì...ma che cambia. Non sai gioire dei limiti che superi, perché tanto ce ne sono sempre altri infiniti in lista. E avanti Savoia, il mostro indegno resta in vita.

Ne abbiamo parlato altre volte, io e te, tu ed io, di quel barlume che ogni tanto appare e sembra...sembra...sembra poter far dimenticare tutto. Perché ti vede come altro, ed in esso trovi specchio per mettere in dubbio anni di convinzioni e traumi. Non ci credi, glielo dici che non ci credi, ma invece la lucina ostinatamente ti vuole mostrare che c'è altro, che sei degno di vicinanza, amicizia, affetto, vita. Piano a piano, insetto inconsapevole, cominci a schiantarti su di questa luce, a cercarla, a dipenderne, a farne la tua ragione di vita. Non importano più le parole o i concetti, importa questa luce e cerchi di agguantarla. Ma la luce non è fatta per essere posseduta, men che meno da un insetto.

Scottato e sconvolto dall'ennesimo fallimento ti allontani, guardando distrutto la luce che così tanto ti ha dato ma così poco hai potuto godere senza ferirti. C'è scelta in questo allontanarsi? Questa è la domanda con cui ti scontri in questi giorni di smarrimento, pianto ed, ancora una volta, escapismo. Anno dopo anno, questo blog rimane in vita proprio come te. Chissà quando e se verrà scritta una nuova pagina, e se sarà per un'altra luce ancora. In questo momento, io questa luce proprio vorrei smettesse di allontanarsi. Ma il moto è relativo, si allontana per il tuo allontanamento. Affronterai il dolore per, forse la prima volta nella tua vita, mantenere qualcosa di bello nei tuoi dintorni? Te lo auguro, ma poco ci credo. Sei deludente, sta a te smentirmi.

Ancora una volta con affetto,

L'Andrea narratore

mercoledì 29 dicembre 2021

Sempre qui, sempre lì

Oggi ho avuto una crisi. L'ennesima. Il problema non è il numero, o il contenuto. Ho ormai speso la maggior parte della mia vita in uno stato di insoddisfazione, ed un buon terzo (per non dire l'interezza della vita adulta) nella depressione.

Non mi sono goduto la fantomatica giovinezza. Non ho davvero gioito di nulla. Non sono riuscito a costruirmi una vera identità e non ho imparato cosa significhi essere se stessi. Peggio, non so nemmeno da dove partire. Parti dalle piccole cose. Ma se quelle piccole cose mi sembrano così sbagliate, così diverse, così inaccettabili e così vergognose.

Sì, sono autosufficiente. I guess che significhi che non va poi così male. Questo vorrei dire, ma non lo sento. Come può andare bene quando nell'arco di una giornata media nulla mi piace, e tutto mi comprime? Non so se lo nascondo bene e non so quanto sia in grado di mentire a me stesso, ma a guardarci bene il mio animo questo sente, giorno dopo giorno, inesorabile, privandomi delle forze e desideri che mi spingano a riuscire a credere in nuove strade o possibilità.

Giorno dopo giorno non costruisco nulla, penso a come potrei farlo ma non riesco a farlo. Gli altri avanzano, li guardo e non sono mai come loro. Non importa? Forse, ma almeno sarebbe qualcosa invece che un cumulo di risentimento e malessere.

Ho passato così tanto tempo a rimescolarmi in questa situazione che nemmeno ricordo come si viveva senza certi sentimenti, nemmeno riesco a immaginarlo. Forse nemmeno gli altri ci riescono davvero, e proietto su loro una menzogna. Alla fine però non mi pare, non mi pare proprio, che questa sia la normalità.

Ma non mi pare nemmeno di fare passi avanti. La vita sì, è andata avanti, bruciando definitivamente la sua prima parte. Sul come, posso ribadirmelo, beh non so che salvare, se non la fortuna (?) di poter soddisfare i bisogni primari. Ah già, nemmeno tutti, proprio no. Perché sì, mangiamo e beviamo, ma a conti fatti che esistiamo a fare soli?

Tutto questo senza alcuna pretesa. Scriviamo, mettiamo su carta un po' di cose, e anche se non ne viene nulla pazienza, altro impiego per questo tempo non c'era. Non mi sento di esprimere alcunché sul futuro, che così tante volte ho pensato e cercato di influenzare. Però, se mai tornerai su queste parole, o se mai ne farai seguire altre...beh, ci sei già passato, e anche questa volta non era l'ultima. Non è un bene, ma è pur sempre sinonimo di un dopo.

Con affetto,

Andrea

domenica 30 agosto 2020

Dove l'Ipercubo riprende a volare #FINAL

Ed uscimmo a riveder le stelle.

Se riguardo a cosa avrei effettivamente fatto potevo avere dubbi, ancora di più ne avevo e ne ho tuttora su cosa farò invece una volta tornato alla quotidianità. Parlo in prima persona perché trovo scorretto a questo punto attribuire in primis il mio futuro all'aleatorietà delle cose: al netto di esse ho il potere di fare molto e di imparare finalmente a prenderle con la giusta intensità.

Da un lato risulta estremamente facile guardare alla goccia rimasta in fondo al bicchiere, sappiamo come ragiono; dall'altro, nell'ormai consueta fase di *retrospective* della giornata, per l'occasione estata agli ultimi 16 giorni, ho constatato come abbia veramente fatto molto, in molti campi, ed in particolar modo con uno sprito di proattività che forse mai ho sperimentato prima d'ora. In primis: sono stati sedici giorni. Ci sono i prossimi sedici. E probabilmente altrettanti. Non voglio chiudere le settimane, i mesi o gli anni, mettere da parte le situazioni passivamente. E non voglio...anzi, mettiamola al positivo, voglio essere fiero di come abbia trovato, con le poche risorse raccimolate da anni di patemi, la voglia di rilanciarmi, per me stesso e nessun altro.

Rimane, ahimé, la paura che la convergenza del campo attrattore da oggi, di nuovo in balia di onde non mie, riprenda a portarmi in quella tempesta fatta di persone, ruoli e mancanze che così spesso mi ha fatto soffrire. Più che paura è però una certezza che, se non oggi domani, il ciclo cercherà di ripartire, i pensieri di riproporsi. A ciò non ho una risposta, ma forse dei frammenti sì, accumulati in questo lasso di tempo e da tener presenti per tenere in rotta la barca finché non torni il sole. Perché è fortunatamente vero che è sempre tornato, fino ad ora. E che ci sono cose che voglio fare, non per la meta ma principalmente per il viaggio. Pazienza che sarà un viaggio in solitaria almeno a tratti.

A testa alta e convinto di quanto di buono ho fatto, rilancio sperando e credendo nella forza di poter fare altrettanto anche per il futuro, senza esternalizzare da me le giornate ed il controllo. Non credo sia da tutti, e non credevo fosse da me dirlo, di questo sono grato. A me.

lunedì 24 agosto 2020

Dove l'Ipercubo riprende a volare #2

Il fatto di iniziare questo post alle 7.00 è emblematico di come il tono e l'umore siano diversi a questo giro. Quest'ultimo quartetto di giorni è stato particolarmente intenso, diverso ed interessante, permettendomi di saziare in parte quel desiderio di cambiamento che volevo alimentare in questo periodo partendo da me stesso.

Le uscite con amici conosciuti a scoprirne di potenzialmente nuovi. L'essere un attimo qui e quello dopo altrove, laddove la mente e l'ipocondria avvisavano che sarebbe stato problematico essere. Starci, lasciar scorrere tutto, assaporare la giornata senza l'ansia della fine o lo stress del controllo della situazione. L'ascoltare persone, aprirsi, declinare se stessi senza giudizio e senza cercare negli occhi altrui nuovi fallimenti. Gettare il cuore al di là dell'ostacolo riscoprendosi capaci e, soprattutto, meritevoli di fare tutto ciò. Fare cose, piccole, volute. Pensare cose, maturare desideri. Volersi bene. Certo, i confronti pregiudicanti possono restare, ma vi si aggiunge l'idea di valere qualcosa e poterlo dimostrare, magari sempre meglio con il perdurare del mood.

A tutto questo l'aggiunta di un tassello per troppo tempo procastinato: la miracle morning, la riconquista delle mie giornate a partire da quelle ore così tremende. Scuse su scuse per non farlo, che in fondo è un po' il leit motiv della mia esistenza. Ho detto basta inaspettatamente, ed eccomi a non raggiungere minimamente le ore di sonno consigliate eppure sentirmi più sveglio del normale, ad arrivare alla classica deadline delle 9 con una giornata già vissuta più pienamente che mai fra moderate quantità di esercizio fisico, introspezione, lettura, chilling ed affinamento di skill. So di essere soggetto a cambi d'opinione, ed emozione, incredibili, eppure non posso fare a meno di trovare in queste sensazioni del valore per il futuro, delle nuove risorse nate da ingredienti già sul tavolo ma inspiegabilmente abbandonati a se stessi.

In sintesi: bene così. Pacca sulla spalla, questi regali a se stessi sono esattamente quello di cui l'anima ha gran bisogno quando sembra che il mondo non voglia o possa concederle. Più che tranquillità, direi di aver raggiunto un mezzo stato di eccitazione e riscoperta di come stare in piedi trovando soddisfazione. Rimangono ennemila discorsi aperti e la mente vuole far sapere che dei prossimi giorni non v'è certezza, daje che tutto fa ancora in tempo a crollare. Ok mente, io e te possiamo fare cose bellissime nel frattempo.

Ad esempio ammettere fra le righe la parola felicità, senza legarla ad aspettative.

venerdì 21 agosto 2020

Dove l'Ipercubo riprende a volare #1


Non è una novità, ma la realtà mi ribadisce sempre come le fiabe non esistano: sono costrutti più o meno edificanti per darci prospettive, ma la vita sa essere ben altro, mi spiace contraddire chi, giustamente, affermi il contrario. La sto prendendo larga: le cose non sono andate come sognavo, o come speravo, un po' come immaginavo però sì.

Non c'è traccia di quella tranquillità che sognavo di raggiungere in questa pausa così raffazzonata. Non c'è la fierezza di superare paure, la soddisfazione di aver intrapreso nuovi (o ripreso vecchi) cammini, la pace dell'assenza di obblighi, l'ingresso in scena di nuovi stimoli. Ci sono invece, immancabili, ansia, frustrazione, ipocondria e smarrimento. Il tempo che scorre, sempre.

"Perché non ho fatto questo prima...avrei dovuto...dovrei farlo ora? Domani? Dovrei farlo? Lo faccio...ecco, non importava alla fine..."

Ho però sempre difficoltà a rispondere a certe domande intrinsecamente esistenziali, e credo a queste aggiungerò la definizione di tranquillità. Cosa mi renderebbe tranquillo? L'assenza delle sensazioni di cui sopra? O la loro accettazione? Oppure ancora, indipendentemente da esse, la realizzazione di cose pianificate, il provare nuove strade, depennare voci dalla lavagnetta, il dare il massimo? Una ricorsiva pazienza per i miei infiniti dubbi è essa stessa la fonte di tale tranquillità? Si può essere tranquilli senza concedersi la pazienza per esserlo? Non farmi queste domande è l'obiettivo?

Tutto sommato, credo ancora una volta, e ormai sto diventando stucchevole nel ribadire, in testo ed in testa, sforzandomi di derivarne fiducia, il medesimo concetto: questi dubbi sono legittimi ed alimentati da una inesauribile fonte di malessere e circostanze; ciò nonostante, punto e virgola: non negano i miei sforzi, i miei traguardi, le mie piccole gioie. Non negano l'amore che sto cercando di dare a me stesso ad ogni istante, per superare questa fase di vita nel modo più costruttivo possibile.

E allora concediamoci di non aver salvato il mondo per un giorno, o per due settimane. O per sempre? Che alla fine, prima di poter maledire il tempo per un brutto raccolto, è necessario aver seminato e pazientato. Anche solo fino a domani, concediamocelo.

sabato 15 agosto 2020

Dove l'Ipercubo riprende a volare #0

È veramente complicato scrivere queste parole con intenti positivi. E siamo all'episodio 0, al pilot, di questo ipotetico diario-di-ferie che ho deciso di scrivere per me e nessun altro, alla ricerca di perlomeno una parte di me stesso.
Dicevo, è complicato. Ma probabilmente giusto nei mie confronti.
Sono stato capace di dire no al solito gruppo per ferragosto.
Sono stato capace di dire no allo stare a casa con me stesso.
Sono stato capace di dire sì ad una giornata con poche certezze e molti sconosciuti.
Sono stato capace di starci, nei momenti partecipativi ed in quelli meno.
Sono stato dentro fino all'ultimo.

Non ne nascerà nulla? Ho lasciato impressioni neutre/spiacevoli? Non sono stato "capace" come altri che percepivo in condizioni simili alle mie? Non mi sono contraddistinto? Non ho capito cosa avrei dovuto fare in certi momenti ed ho reagito con i miei comportamenti passivi?

Sicuramente. C'è stato tutto ciò. Ma me l'hanno detto, e lo so, che non riuscirò a gettarlo dalla finestra con uno schiocco di dita, forse nemmeno in mesi, forse mai. Sono io, ed ogni vittoria nonostante tutto è importante e ne sono grato. Il sentimento di malessere rimane, ma la convinzione di aver fatto la cosa giusta rimane, la fierezza di aver affrontato la giornata al meglio delle proprie forze.

Forse non saranno abbastanza e prima o poi cadrò definitivamente. Intanto, come inizio, va bene così.

To be continued...

mercoledì 5 agosto 2020

Senza la musica la vita sarebbe un errore



Talvolta penso a cosa sarebbe la vita senza la musica, senza quella cosa che sento e che mi comunica forse più di qualsiasi scambio di opinioni. Penso a come essa parli direttamente alla mia anima, solleticando le corde più intime del mio essere fino a modificare il mio stato d'animo, in positivo o negativo che sia.
Ma davvero! Ed in modo estremo, tanto da considerarla il primo ed unico strumento meditativo/ipnotico/psicologico con cui sia mai entrato in simbiosi.
Mettersi lì con le cuffie, ingannarsi, lasciarsi trasportare.
Gli altri non importano, sempre se esistono. Non esistono: "the world is just an illusion".

Cosa sarebbe quindi? Sarebbe altro, Altro. Non riuscirebbe a riempirsi così facilmente di un senso così forte e pervasivo, così innato da dirmi "sì cazzo, sì, ecco il senso di questo momento, esaltalo, sii te stesso e basta, è per questo che sei qui ora vivilo!". Non trovo altro che vibri così nativamente con il senso delle cose e che riempia di significato l'esistenza. Eppure ogni tanto penso che sarebbe un mondo migliore. Emme minuscola sì, ma più apatico e più asettico, meno eccitante ma più tollerabile, vivibile, malleabile. Non mi metto le cuffie e non mi sento estraneo al mondo, non smetto di stare nel flow in virtù di qualcosa che fuori dal flusso della vita si permette di dare un giudizio ultimo.
L'arte tragica, e in forma musicale? Pura estasi. Assenza di inibizioni. Zitto e ascolta.

Credo, da non musicista, che la musica ci dia tanto, ma estremizzi noi stessi e, in tal senso, ci possa fare anche molto male.
Credo, per un 51%, che sia per un bene superiore.

Penso a Scott Benson e il suo Requiem for a Dream, a come esso artiglia l'anima fino a che questa soffoca sotto un peso troppo grave per essere sopportato. Non voglio guardarlo o sentirlo, ma la sento togliermi il respiro.

Penso ai malinconici ritmi di Gotye ed il suo Somebody that I Used to Know, al mood asettico e rassegnato ma tuttavia consapevole, penso a come incarni bene un rifiuto calmo e fermo. Non voglio provarlo, ma lo conosco.

Penso poi al rifiuto violento di Lonely Day e Cocaine, o a quelli più concilianti di Alfonso e Sadness is a Blessing. Non voglio condividerli, ma sono sensati. Sono reali.

Penso all'invincibilità che provo con un Unstoppable od uno Space & Time indipendentemente da tutto. Una volta ogni tanto.

Penso a come Radio Protector e China Town, due mondi tanto disgiunti, mi animino alla scrittura, a come il Cantico dei Drogati mi faccia sapere che non sono l'unico a percepire un inenarrabile disagio nell'esistere. Non credo di incarnarli al meglio, ma esprimono tanto invece di rinchiudersi nel niente.

Penso alla calma ed accettazione di Your Hand in Mine, od ai ritmi beatificanti di Peder Helland. A come siano l'unico e vero farmaco per accettare i momenti no come momenti no e basta. Ad aprire il cuore a tutto quello che rimane. È musica, è vita, è possibilità.

Penso a come All is Violent All is Bright sia la risposta fondamentale alla vita l'universo e tutto quanto.
Come l'ho pensato di Worldend Dominator.
Come l'ho pensato di Demons.
Non trovo parole per questi, solo sospiri ed ammirazione.

È così SOLO (?) per le esperienze che ho legato a tali ascolti? Come sarebbe stata la mia vita senza essi? È la vita ad avere influenzato la percezione di essi o essi ad aver influenzato la percezione della vita, maratona dopo maratona? Che note deciderò di ammettere nel mio domani? Un lamento che potrebbe esso stesso essere musica, ma cade nel vuoto alla affannata ricerca delle melodie più affamate di significato. Per ora.

Credo, tutto sommato, che Nietsche abbia ragione: senza la musica la vita sarebbe un errore.